Lifelong Learning: l’Italia fatica ad aggiornarsi

Il mondo del lavoro è in forte cambiamento, caratterizzandosi da una polarizzazione che vede da un lato la crescita di lavoratori qualificati e ben retribuiti e, dall’altro, una stagnante situazione di richiesta di lavoro con competenze limitate. 

L’Italia si trova impreparata di fronte a questa situazione per una molteplicità di problematiche legate alla mancanza di investimenti in percorsi di formazione e aggiornamento, investimenti in ricerca e sviluppo. Solo un imprenditore su sette è laureato, inoltre tendono ad assumere presso le loro aziende personale non laureato, oltre che non investire nella formazione e aggiornamento né per i dipendenti, che per sé stesso. 

Inizia così un circolo vizioso che caratterizza il sistema industriale italiano: aumenta la domanda di scarsa competenza cosi come l’offerta. La competitività tra le aziende scompare, il sistema si indebolisce, mentre i talenti migrano altrove. 

Il problema è che l’Italia fatica ad aggiornarsi. Gli ultimi risultati dell’indagine svolta dall’Unione Europea (UE) sulla forza lavoro, mostrano che il tasso di partecipazione ai programmi di formazione dell’11,1%, una percentuale inferiore rispetto a quanto era stato prefissato: dovrebbero partecipare ai programmi di formazione durante il corso della propria vita almeno il 15% degli adulti. Le disuguaglianze tra gli Stati Membri sono notevoli: i più alti tassi di partecipazione degli adulti all’apprendimento sono stati in Svezia (29,2%), Finlandia (28,5%) e Danimarca (23,5%). Al contrario, cinque Stati membri avevano tassi di partecipazione inferiori al 5%: Romania (0,9%), Bulgaria (2,5%), Croazia (2,9%), Slovacchia (4,0%) e Grecia (4,5%). Dall’indagine emerge che l’Italia ha un tasso di partecipazione pari al 8.1%.

Per superare queste disuguaglianze sono necessari investimenti partendo proprio dalle competenze delle persone. È importante coinvolgere nei programmi di formazione continua anche i lavoratori con competenze limitate per restare al passo con il mercato europeo, diminuire il divario tra i lavoratori qualificati e non, oltre che migliorare qualitativamente la singola azienda.


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